Il Ridotto di Venezia, 1750, Pietro Longhi.

Casanova.

Palazzo Vendramin Calergi, oggi Casinò municipale.
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Il Ridotto di Venezia, 1750, Pietro Longhi.


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Palazzo Vendramin Calergi, oggi Casinò municipale.


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Le Case da gioco

Nel tentativo di tenere sotto controllo il vizio per il gioco d’azzardo, diffusosi a Venezia nel corso del 1600, lo stato diede il permesso a diversi nobili di adibire a case da gioco, allora chiamati ridotti, loro proprietà immobiliari. Antenate storiche dei ridotti, oggi casinò, erano le baratterie medievali dove era concesso praticare i giochi d’azzardo altrimenti vietati nelle piazze e nelle vicinanze delle chiese. Il primo ridotto fu allestito nel 1638 in un palazzo appartenente alla nobile famiglia dei Dandolo di San Moisè ed è considerata la prima casa da gioco pubblica aperta in Europa. Questo, come altri che lo seguirono, era aperto durante i mesi del carnevale e frequentato da patrizi che, obbligati a stare in maschera, vi trascorrevano giornate e notti intere attorno ai tavoli da gioco.

Soprattutto nel ‘700, i ridotti divennero punti nevralgici del Carnevale di Venezia, luoghi ideali per personaggi come Giacomo Casanova che li considerava palcoscenico perfetto per le sue avventure.
Nei ridotti infatti non solo si giocava d’azzardo, ma si conversava, si facevano spuntini e si beveva il caffè. Nel ridotto di San Moisè ad esempio c’erano ben dieci sale riservate ai giocatori e quasi altrettanti salotti dedicati invece all’intrattenimento. La “febbre del gioco” si sviluppò a tal punto a Venezia che molti principi e nobili, italiani e stranieri, protetti dalla maschera e assistiti dai croupier dell’epoca, i cosiddetti Barnabotti, gli unici a non aver l’obbligo del mascheramento, dilapidarono interi patrimoni. Fu allora che nel 1774 il Maggior Consiglio si vide costretto a decretare la chiusura delle pubbliche case da gioco sulla scorta dei numerosissimi casi di veneziani finiti sul lastrico.


1600 - 1700 - - rev. 0.1.13

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