Portone in ferro e legno alla Cà d'Oro.

Interno di bottega.

Cancello di Palazzo Labia.

Particolare di facciata esterna di un palazzo veneziano.

Balaustra su ponte.

Rio della Misericordia a Cannaregio.
ricerca | mappa
| home
ita | fra | eng | esp
contattaci | copyright

Approfondimenti :: Schede correlate

no schede

Galleria video

No video

Galleria foto

immagine didascalia

Portone in ferro e legno alla Cà d'Oro.


immagine didascalia

Interno di bottega.


immagine didascalia

Cancello di Palazzo Labia.


immagine didascalia

Particolare di facciata esterna di un palazzo veneziano.


immagine didascalia

Balaustra su ponte.


immagine didascalia

Rio della Misericordia a Cannaregio.


no map

Il ferro battuto

“L'arte del ferro battuto fa parte delle tradizioni della nostra terra”, tengono a dire i pochi mastri ferrai rimasti in Veneto. Oggi sono rare le botteghe dove il ferro viene forgiato a fuoco, e quelle poche rimaste vanno scomparendo per mancanza di committenza e di operatori specializzati in questa antica e nobile arte. Solo nei primi decenni del secolo scorso essere fabbro ferraio significava esercitare un mestiere creativo che consisteva nel lavorare a caldo il metallo e forgiarlo in maniera plastica, permettendo così di realizzare con inventiva dei veri e propri capi d'opera.

Storia del ferro battuto e dei fabbri veneziani

A Venezia i favari, fin dalla metà del XI secolo, erano obbligati a prestare gratuitamente la loro opera per tutte le necessità del Governo di Palazzo Ducale, diventando ben presto determinanti per l'economia cittadina in quanto tutte le altri arti si servivano di strumenti da loro fabbricati. Fu agli inizi del ’400, quando Venezia si espanse in terraferma, che sorsero dei problemi per i fabbri veneziani: nella zona di Feltre e nel Bellunese, a Bergamo e nelle valli bergamasche, a Brescia e in Val Trompia, si producevano ferramenta, utensili e armi in ferro battuto di qualità superiore e a costi inferiori rispetto ai prodotti veneziani. Ciò era dovuto alla presenza in loco di miniere di materia prima, su tutte il carbone, necessario al funzionamento delle fucine per lavorare il ferro, ma anche e soprattutto alla bravura dei fabbri del “comprensorio alpino”, perché influenzati dai vicini colleghi tedeschi, veri insuperabili maestri nell’arte del ferro.

Venezia si trovò allora nella necessità di proteggere i propri artigiani: nel 1407 obbligò i fabbri provenienti da Trento e dalla Valsugana, specializzati in riparazioni e nella raccolta di ferro vecchio, ad iscriversi all'arte dei favari.

Nel 1432, non a caso quattro anni dopo la conquista di Brescia, vennero individuate alcune categorie merceologiche considerate strategiche di cui fu vietata l'importazione: la ferramenta da nave (perni, timoni, rampini, ancore, catene e chiodi), l'utensileria (mannaie, seghe, accette, scalpelli, etc.) e il settore delle serrature (lucchetti, chiavi, serrature e cardini). In seguito tali divieti furono in parte attenuati anche se il controllo statale su un'attività così importante come quella delle armi (settore anch’esso rigorosamente regolamentato), rimase sempre molto vigile fino alla caduta della Repubblica.

Solo nel corso del ‘700 il ferro battuto fu utilizzato non più unicamente per scopi di stretta necessità ma anche con finalità decorative: ne sono uno splendido esempio le cancellate, le inferriate e le balaustre delle magnifiche Ville Venete, presenti su tutto il territorio.


400 - 1000 - - rev. 0.1.9

[-A] [+A]

Venezia e le sue lagune

patrimonio dell'umanità: dialogo di culture, quale futuro?

crediti | help