Arabo e Nobile Persiano.

Nobile Armeno e Mercante Greco.

Schiavone, ovvero, Dalmatino.

Campo San Giacometto. Canaletto, 1730 ca., Dresda, Gemäldegalerie.

Patera con pavone in maestà. Stemma Famiglia Gritti.

Patera. Nobiltà e forza contro il vizio

Patere. Amore e concordia.

Bassorilievo di palazzo Mastelli.

Rioba e i due fratelli.

Graffiti runici. Leone di Atene all'Arsenale.

Doge Francesco Morosini.

La Basilica San Pietro di Castello.

Astrolabio islamico.

Il Corano.

Un esempio di antico portolano.

I frutti del prunus persica.

Venditore di pesce, foto primi anni del 900.

Battitori di baccalà ai primi del Novecento.

Le arti in città. La veggente, Zompini, 1785, Venezia, Museo Correr.

Un'osteria veneziana, foto dei primi del 900.

Veduta di un canale di Suzhou, Cina.

Il ponte del Diavolo,Torcello, Venezia.

Ritratto di giovane donna. Domenico Veneziano, 1475, ca., Berlino, Gemäldegalerie.

La Bella. Tiziano, 1536, part., Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti.
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Arabo e Nobile Persiano.


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Nobile Armeno e Mercante Greco.


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Schiavone, ovvero, Dalmatino.


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Campo San Giacometto. Canaletto, 1730 ca., Dresda, Gemäldegalerie.


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Patera con pavone in maestà. Stemma Famiglia Gritti.


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Patera. Nobiltà e forza contro il vizio


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Patere. Amore e concordia.


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Bassorilievo di palazzo Mastelli.


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Rioba e i due fratelli.


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Graffiti runici. Leone di Atene all'Arsenale.


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Doge Francesco Morosini.


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La Basilica San Pietro di Castello.


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Astrolabio islamico.


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Il Corano.


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Un esempio di antico portolano.


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I frutti del prunus persica.


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Venditore di pesce, foto primi anni del 900.


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Battitori di baccalà ai primi del Novecento.


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Le arti in città. La veggente, Zompini, 1785, Venezia, Museo Correr.


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Un'osteria veneziana, foto dei primi del 900.


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Veduta di un canale di Suzhou, Cina.


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Il ponte del Diavolo,Torcello, Venezia.


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Ritratto di giovane donna. Domenico Veneziano, 1475, ca., Berlino, Gemäldegalerie.


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La Bella. Tiziano, 1536, part., Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti.


Influenze nel quotidiano

Città cosmopolita e multietnica fin dall’origine, Venezia ha avuto la capacità di far convivere nella temperanza reciproca molti rappresentanti di popoli e di Culti diversi, considerandoli una fonte di arricchimento del proprio patrimonio economico, politico e culturale. I foresti, come erano chiamati tutti quelli che si recavano a Venezia per brevi periodi o per risiedervi permanentemente, erano accolti a prescindere dalla classe sociale di appartenenza e del loro credo religioso e prendevano parte attiva alla vita della città a vari livelli. I reciproci influssi delle diverse culture, presenti contemporaneamente a Venezia, sono riscontrabili in numerosissime componenti e settori della vita di Venezia. Se ne citano solo alcuni per curiosità:


Venezia nella tradizione

La nascita di Venezia si fa risalire al 25 marzo 421. La scelta di questo giorno, avvenuta a posteriori, verso il mille, non è sicuramente casuale, ma ha una valenza filosofica e simbolica. Le antiche cronache ci ricordano che in questo giorno fu posta la prima pietra della chiesa di San Giacometto in Rialto, erroneamente ritenuta la più antica di Venezia. Questa data, del tutto leggendaria, fu subito cara al sentimento religioso dei Veneziani poiché coincideva con il giorno consacrato all’Annunciazione dell’Angelo a Maria e, secondo una credenza greca, con quella della creazione del mondo.


Venezia nell’arte


La lapide di S. Maria in Torcello
La lapide che attesta la fondazione nel 639 della cattedrale di S. Maria Assunta a Torcello indica chiaramente che essa è dovuta alla volontà dell’Esarca armeno Isacio “Imperante Eraclio Augusto e per ordine di Isacio esarca e patrizio”.

Le patere
Le patere - dal greco “πατερα”, nome della scodella rotonda utilizzata per i sacrifici e anche per libagioni, erano a volte finemente lavorate a bassorilievo o decorate. Le patere, diffuse tra il II e il V secolo un po’ in tutta Italia, a Venezia furono in uso fino al XIV e XV secolo e oltre. Molto più complessa è l’interpretazione delle patere veneto-bizantine con le raffigurazioni di animali fantastici o di figure antropomorfiche.
Quella infissa sulla parete di palazzo Gritti-Badoer , collegata sopra la pentafora gotica del primo piano, raffigura un pavone a coda spiegata. Al pavone si attribuiva una caratteristica molto particolare, l’incorruttibilità della carne. Per questo motivo il pavone, nell’arte bizantina, divenne il simbolo dell’immortalità e della Resurrezione. Le patere raffiguranti animali in lotta tra loro di solito si riferiscono simbolicamente all’eterna lotta tra il bene e il male; gli animali che si abbeverano simboleggiano la sete di conoscenza, quelli che mangiano l’uva l’abbondanza e il bene, quelli abbracciati, l’amore e la concordia.

Bassorilievi
Queste “sculture esterne” sono relativamente facili da catalogare e schedare. Alcune di esse infatti rappresentavano i luoghi di origine o il tipo di commercio del committente.

I graffiti
I graffiti a Venezia erano sparsi un po’ in ogni luogo e in gran parte oggi purtroppo non sono più leggibili, come ad esempio i due graffiti in caratteri runici sui fianchi del leone collocato sul lato sinistro del portale dell’Arsenale, prelevato dal porto di Atene con la leonessa e due cuccioli dall’ammiraglio Francesco Morosini nel 1687. Tali graffiti fino ad appena 20 anni fa si potevano leggere con l’aiuto di una luce radente.

La Cattedra di S. Pietro
Nella navata destra di S. Pietro di Castello, fino al 1807 cattedrale di Venezia, è conservata la famosa Cattedra di “S. Pietro” attribuita a S. Pietro d’Antiochia (XI-XII secolo), che la tradizione vorrebbe donata da Michele III Paleologo , Imperatore d'Oriente (842 – 867). Il suo schienale è composto di una stele con inscritti motivi decorativi arabi e versetti del Corano


Venezia nella navigazione


L’astrolabio e il portolano
Importantissimi strumenti per la navigazione, di cultura araba, furono utilizzati quotidianamente dai naviganti veneziani. Essi indicavano rispettivamente la volta celeste e i maggiori porti del Mediterraneo nel Quattrocento.


Venezia nella stampa

Il Canone di Avicenna
La traduzione del Manuale di Medicina dello scienziato persiano Avicenna (Ibn Sina, 980-1037) fu pubblicata a Venezia e adottata dall’Università di Padova.

La Cabala
Con l’accoglimento in città degli Ebrei fuggitivi dalla Spagna, i Sefarditi, si sviluppò in città, ma soprattutto a Padova, lo studio della Cabala, Qabbalah in ebraico, a volte con interpretazioni magiche. In quegli anni nacque a Padova, principalmente ad opera di Pico della Mirandola, una interpretazione cristiana della Qabbalah. Negli anni intercorsi tra la fine del 1500 e il 1600 si erano formate a Venezia piccolissime comunità molto sotterranee: sette iniziatiche come i Rosa Croce e la Massoneria; quest’ultime sono presenti ancora oggi anche se non sempre con gli intenti della fondazione. Gli aspetti più “magici” documentabili li ritroviamo nella cultura ebraica sefardita come amuleti portafortuna.

Il Corano
La più antica e forse la prima edizione e stampa del Corano fu prodotta a Venezia in arabo.

Venezia in cucina

Anche nell’arte culinaria ancora una volta si ritrova l’apertura e la disponibilità all’accoglienza e al pragmatismo dei Veneziani. “Se lo mangia lui, il foresto, posso provare anch’io”. A Venezia vivevano stabilmente comunità di tutto il mondo; non a caso alcune ricette di piatti consumati e apprezzati a Venezia, per i prodotti utilizzati erano compatibili anche con le regole alimentari ebraiche ed islamiche. Anche la macellazione ad esempio avveniva in moltissimi casi per sgozzamento e dissanguamento, e in funzione dell’abitudine a non mangiare carne di maiale da parte degli islamici e degli Ebrei sembra molto probabile che proprio a Venezia sia stato introdotto, in sostituzione degli insaccati di maiale, l’uso dell’anatra e del tacchino, anche per ricavarne prosciutti. Le stesse luganeghe, le famose salsicce sovente abbinate al risotto, potevano essere confezionate con carne di manzo.
Il baccalà (321), importato sembra dal Mare del Nord dal nobile veneziano Piero Querini, approdato fortunosamente nelle isole Lofoten verso la metà del XV secolo, diventa uno dei piatti più tipici e gustosi della cucina veneziana, il baccalà mantecato.
L’uso delle spezie e dell’agrodolce, molto diffuso, è presente anche in piatti di pesce come, per esempio, le rinomate “sarde in saor”, sarde saporite utilizzate anche in periodi di navigazione, data la loro capacità di lunga conservazione e i contenuti vitaminici che allontanavano il pericolo dello scorbuto.


Venezia nella lingua

In veneziano molti termini sono chiaramente di origine straniera. Il frutto dell’albero di pesco in veneziano viene chiamato pèrsego (Amygdalus Persica), dal luogo di provenienza, la Persia. Il frutto dell’albero di albicocche viene chiamato Armelìn (Armenius dell’Armenia. Molti termini hanno origine araba, come fondaco, deposito di merci, da funduq; darsena, porticciolo, da dar as-sine; Zecca, luogo in cui si coniano le monete, da dặr as – sikka; Arsenale, cantiere navale, restauro e rimessaggio di navi, da dar as-sin’ah; mentre il saluto, ciao, ha origini veneziane e ha conquistato tutto il mondo.


Venezia nella routine giornaliera


Come in altri paesi del Mediterraneo molte attività erano svolte all’aria aperta molto probabilmente per motivi pratici; c’era più luce, gli odori svanivano prima, si socializzava maggiormente, si poteva Ciacolar più volentieri, si viveva con gli altri. Oltre ai venditori di pesce, ritroviamo le infilatrici di perle intente a creare collane e a tagiar tabarri, i battitori di baccalà, gli osti, le indovine…


Venezia nei contatti con l’Oriente

Sempre maggiore è l’interesse degli studiosi per la cultura orientale, ma ancora parziali restano gli approfondimenti sulla reciproca influenza fra Venezia e il Catai, all’epoca dei grandi scambi commerciali. Pietra miliare nella storia di questi viaggi resta il Milione di Marco Polo. È impensabile però che dopo tanti viaggi e soggiorni in oriente i Veneziani non abbiano trasferito, oltre alle spezie, e agli spaghetti, anche le conoscenze e le tecnologie della scienza, ad esempio la carta, la polvere pirica, la bussola ecc. Nessuno però, da quel che si sa, si è soffermato a riflettere su alcune coincidenze: la voga alla veneta è caratterizzata dal vogatore che spinge l’imbarcazione con un solo remo con profilo a goccia allungata poggiante su una Forcola; la postura è in piedi e le barche hanno il fondo piatto esattamente come il “sandal” adoperato dai cinesi nelle loro numerose lagune .
In Europa fino ai primi anni del XIV secolo si conoscevano solo due tipi di arco: l’arco a tutto sesto e l’arco acuto. A Venezia, come attesta anche la pianta prospettica della città di Jacopo Barbari (1500), la maggioranza dei ponti era ancora in legno. Essi erano costituiti da tavolati piatti detti “Toletta” che, non avendo gradini, permettevano l’attraversamento del canale anche a cavallo. L’unica eccezione era costituita dal Ponte di Rialto, a sviluppo orizzontale, come si può vedere chiaramente sul telèro di Vittore Carpaccio“Il miracolo della croce”. Osservando i ponti di Venezia senza le spallette e senza i gradini, come erano all’origine, si potrà constatare l’estrema eleganza e leggerezza tipica dei ponti dell’architettura cinese. È probabile che Marco Polo al suo rientro in città abbia portato qualche “Proto” cinese o anche, semplicemente, i disegni e le tecniche di costruzione orientali.


Venezia nella cura dell’aspetto

L’uso dei tessuti preziosi, degli ornamenti, degli orecchini, dei profumi, la cura della persona e forse anche il desiderio di cambiare colore dei capelli, da parte delle signore veneziane, ha sapore orientale. Il famoso rosso veneziano dei capelli era ottenuto con l’esposizione al sole dei soli capelli sui quali si era passato un acido schiarente. L’incarnato del viso invece rimaneva protetto dal sole con l’aiuto di una larga falda dell’apposita apparecchiatura, denominata solana.

Franco Filippi


400 - 1000 - fino ad oggi - rev. 0.1.50

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Venezia e le sue lagune

patrimonio dell'umanità: dialogo di culture, quale futuro?

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