Fiabesca partenza di Marco Polo verso l'Oriente. Johannes, part., fine XIV secolo, Oxford, Bodleian Library.

La via della seta.

Ritratto di Marco Polo.

Rappresentazione di Marco Polo alla corte del Kublai Khan.

Giorgio Sideri , detto Collapoda da Candia, carta del Mediterraneo, Venezia, Museo Correr.

Il controllo veneziano del Mediterraneo nel Cinquecento, Museo Correr.
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Fiabesca partenza di Marco Polo verso l'Oriente. Johannes, part., fine XIV secolo, Oxford, Bodleian Library.


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La via della seta.


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Ritratto di Marco Polo.


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Rappresentazione di Marco Polo alla corte del Kublai Khan.


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Giorgio Sideri , detto Collapoda da Candia, carta del Mediterraneo, Venezia, Museo Correr.


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Il controllo veneziano del Mediterraneo nel Cinquecento, Museo Correr.


Le Vie del commercio

La peculiare posizione geografica della città di Venezia impresse alla sua storia una prolungata vocazione marittima che si esplicitò nei termini di un’intensa propensione al traffico mediterraneo, implicando la sovranità, o quanto meno l’egemonia, sull’Adriatico. A questo fine, a partire dalla fine del Duecento Venezia si propose di contendere alla rivale Genova il monopolio della mediazione commerciale tra l’Europa e le coste orientali del Mediterraneo.

Questi scambi avvenivano lungo due arterie principali: quella settentrionale, che collegava Venezia alla Morea, a Costantinopoli e al Mar Nero, fino ad Azak/Azov; quella meridionale, che passava per Candia, fino a giungere ad Alessandria d’Egitto, oppure per Cipro, fino a toccare le coste siro-palestinesi (Alessandretta, Latachia, Beyrut, Acri, Giaffa). Per quanto le navi rimasero per tutta l’età moderna il mezzo privilegiato per lo spostamento di uomini e beni, la via di collegamento marittima a Costantinopoli, capitale dell’Impero Bizantino prima, Ottomano poi, non cessò di essere talvolta sostituita, anche parzialmente, da quella terrestre. Questa, dai centri costieri di Cattaro o Spalato, prevedeva il passaggio di carovane di muli lungo le strade, pur malsicure, che attraversavano i Balcani.

Per alcuni mercanti veneziani, tuttavia, nel Trecento la rotta settentrionale non si fermava alle coste del Mar Nero : particolarmente interessati al commercio con la Cina:, essi proseguivano lungo la via della seta che, attraverso l’Asia Centrale, conduceva al Catai, nell’attuale Cina. In questo senso, Marco Polo non deve essere considerato alla stregua di un esempio isolato: la presenza di libri di viaggio, carte geografiche dettagliate e manuali trilingui (latino, turco, persiano) testimoniano un’assidua frequentazione veneziana delle rive del Mar Caspio, fino ai capolinea orientali della millenaria arteria commerciale.

Casi, meno frequenti, di mercanti veneziani che dalla Siria si spingessero fino ai grandi empori di Baghdad e Bassora, sono attestati per tutta l’età moderna, ma si trattava per lo più di esempi isolati, dal momento che il commercio veneziano con le coste del Mediterraneo sud-orientale si fondava stabilmente sul traffico di spezie e quindi sulla mediazione carovaniera che i mercanti arabi operavano per i beni provenienti dalla Persia e dall’India.

Per quanto Venezia non si trovò mai ad esercitare un completo monopolio del commercio con il Levante, che fu sempre animato da molteplici nazioni mercantili, i suoi governanti, le sue autorità amministrative stabilite nei domini dello Stato da mar, mamelucca, poi ottomana, cooperarono nel corso dei secoli nella creazione di un sistema di scambi particolarmente efficace. Questo si dimostrò talmente intenso ed egemone da costituire una sorta di modello economico con cui chiunque volesse intervenire su quelle stesse rotte doveva scendere a patti.

Quando i Portoghesi raggiunsero i porti indiani circumnavigando il Capo di Buona Speranza e si proposero come mediatori privilegiati del traffico di spezie con l’Europa, il commercio veneziano conobbe una fase pericolosa, ma transitoria. Questo era dovuto a limiti intrinseci al circuito potenziato dai Portoghesi e al fatto che la potenza militare ottomana li avesse contrastati vittoriosamente alle bocche del Golfo Persico, fermandone l’espansione. In questo senso, possiamo affermare che l’unità territoriale dell’Impero Ottomano, assicurando la protezione delle principali vie commerciali che, attraverso il Mar Rosso, il deserto siriaco e l’Anatolia conducevano alle coste mediterranee, garantì la continuità del traffico operato su questo mare da Veneziani e, a partire da fine Cinquecento, dai loro nuovi concorrenti (Inglesi, Olandesi e Francesi).

Il Levante non fu tuttavia l’unico versante al quale si volse l’interesse commerciale veneziano: il mercato stesso di Rialto ospitava diverse nazioni mercantili, tra cui spiccava, per l’eccezionale continuità della frequentazione, quella tedesca la quale si occupava di acquistare merci levantine, organizzandone, assieme ai Veneziani, il trasferimento alle fiere d’Oltralpe.

Accanto alle operazioni di grande cabotaggio con l’Oriente, Venezia si interessò anche al traffico con i porti cosiddetti di Sottovento. Si trattava dei caricatoi (piccoli porti, approdi) situati lungo la costa occidentale dell’Adriatico, con i quali, fin dall’epoca di Federico II, la Repubblica di San Marco intrattenne un’intensa e proficua attività di scambi, tra cui il traffico di generi soprattutto alimentari.

Inoltre, in corrispondenza all’espansione settecentesca del commercio mediterraneo, un nuovo interesse per i porti cosiddetti ponentini, quali Algeri e altri centri della Barberia (Africa del Nord), condusse alla fondazione di una rete di rappresentanze consolari veneziane lungo la costa nordafricana.

Vera Costantini


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