Domini veneziani e l'Impero Ottomano fra il XIII e il XIV secolo.

Medaglia con effige del sultano Mohamed II disegnata da Gentile Bellini, Istambul, 1479-1480, Venezia, Galleria Giorgio Franchetti alla Cà d'Oro.

Ambasciatori veneziani a Damasco, Istambul,1479-1480, Venezia, Galleria Giorgio Franchetti alla Ca' d'Oro.

Membro della comunità latina di Costantinopoli. Stamperia di Venezia.

Ingresso solenne del Bailo di Venezia a Pera di Costantinopoli, Filosi, Venezia, Museo Civico Correr..

Solimano il Magnifico con la corona eseguita da orafi veneziani, New York, Metropolitan Museum of Art.

Il commercio veneziano nel XIV secolo.
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Domini veneziani e l'Impero Ottomano fra il XIII e il XIV secolo.


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Medaglia con effige del sultano Mohamed II disegnata da Gentile Bellini, Istambul, 1479-1480, Venezia, Galleria Giorgio Franchetti alla Cà d'Oro.


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Ambasciatori veneziani a Damasco, Istambul,1479-1480, Venezia, Galleria Giorgio Franchetti alla Ca' d'Oro.


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Ingresso solenne del Bailo di Venezia a Pera di Costantinopoli, Filosi, Venezia, Museo Civico Correr..


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Solimano il Magnifico con la corona eseguita da orafi veneziani, New York, Metropolitan Museum of Art.


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Il commercio veneziano nel XIV secolo.


Trattati commerciali e relazioni diplomatiche con l'Impero Ottomano

Le relazioni amministrative, commerciali, diplomatiche, militari e culturali che intercorsero tra la Repubblica di Venezia e l’Impero Ottomano furono costanti e intense dalla fine del Medioevo fino a tutta l’età moderna. La contiguità delle rispettive frontiere e il comune interesse per lo sviluppo economico delle risorse presenti nel territorio contribuirono a imporre la necessità di una coesistenza tra i due Stati e di regole condivise atte a preservarla. Sebbene profondamente difformi quanto a organizzazione istituzionale ed estensione territoriale, Ottomani e Veneziani si trovarono a condividere forme e scelte amministrative volte a potenziare un sistema economico ove i profitti erano connessi agli scambi tra le diverse rive del Mediterraneo.
L’inizio dei contatti tra Ottomani e Veneziani ebbe luogo verso la metà del Trecento, quando i primi, potenza emergente, erano impegnati nell’espansione dei propri confini e i secondi nella lotta contro la Repubblica di Genova per la supremazia commerciale in Levante. Questa situazione si protrasse fino alla metà del Quattrocento, quando gli Ottomani, saldamente stabiliti nei Balcani, in Anatolia e in Asia Minore, si lanciarono alla conquista di Costantinopoli e del Mar Nero. Durante questo periodo, che preluse all’annichilimento dello Stato Bizantino e alla progressiva emarginazione dei Genovesi, i mercanti della Serenissima poterono esercitare frequenti traffici nei centri dipendenti dall’amministrazione ottomana, in virtù della stipulazione di trattati commerciali che prendevano il nome di amân, ‘ahdnâme o imtiyâzât. Prima di giungere alla formalizzazione cinquecentesca delle Capitolazioni, la legislazione mercantile tra i due Stati rimase ancorata a una fase in cui trattati di diverso tipo obbedivano a circostanze e funzionalità egualmente svariate, andando dalla tipologia del permesso di approdo, del privilegio commerciale connesso allo scambio di un particolare bene, alla regolamentazione della vita di una più o meno nutrita colonia mercantile straniera in terra ottomana.
Quando, nel 1453, Maometto II stabilì la capitale a Costantinopoli, appropriandosi della tradizione imperiale bizantina e ponendosi come suo unico autentico garante e continuatore, le autorità veneziane residenti in città, attorno alle quali si raccoglieva una numerosissima popolazione di mercanti, poterono approfittare della decennale esperienza di collaborazione economica intrattenuta con i sultani, assumendo un ruolo egemonico nel sistema degli scambi con l’Europa.
Maometto II, tuttavia, anche a causa delle guerre che alla fine del Quattrocento opposero l’Impero alla Signoria, non esitò a incoraggiare la concorrenza genovese, alla quale venne concesso già nel 1453 un accordo commerciale particolarmente favorevole. I Veneziani dovettero attendere l’anno seguente per usufruire degli stessi privilegi. Questa politica di favoreggiamento politico della concorrenza fu una costante da parte ottomana anche nei secoli successivi. Prima della guerra di Cipro, Capitolazioni analoghe vennero concesse alla Francia e, dopo questo stesso conflitto, quando la potenza veneziana pareva destinata a una progressiva, ma inesorabile diminuzione, anche all’Inghilterra e all’Olanda. In altri termini, gli Ottomani furono sempre favorevoli a promuovere un equilibrio di poteri tra le nazioni commercianti nei suoi territori, cercando di arginare con mezzi politici, ovvero connessi alla legislazione daziaria, il predominio assoluto di una nazione sulle altre.
La tradizione storiografica propone di suddividere le relazioni tra l’Impero e la Signoria veneziana in tre fasi: la prima, dalle origini fino alla guerra di Negroponte (1479), vinta dagli Ottomani, coincise con la volontà, da parte dei Veneziani, di evitare lo scontro diretto con la potente armata del sultano, senza tuttavia abbandonare una strategia attiva nella protezione dei propri territori; la seconda fase, fino allo scoppio della guerra di Candia, vide piuttosto l’emergere del ruolo cauto e preferibilmente neutrale della Repubblica negli scontri che contrapposero la Spagna a Solimano il Magnifico e al suo successore . In questa seconda fase, le capacità diplomatiche del patriziato vennero affinate al punto da consentire di sfruttare al meglio le potenzialità giuridiche insite in un periodo di pace prolungata. Nell’infiammato scenario cinquecentesco, in Levante come in Europa, Venezia divenne un’autentica garante dell’equilibrio tra le potenze. La continuità della pace con la Porta (con questo nome i Veneziani chiamavano il governo centrale di Istanbul) dipendeva in larga parte dall’eventuale intenzione degli Ottomani a porvi fine, ovvero dalla ripresa di una loro strategia di espansione territoriale nel Mediterraneo, che avvenne nel 1570 con lo scoppio del conflitto cipriota. Nel corso della terza fase, al contrario, anche grazie all’avvenuto indebolimento della potenza marittima ottomana, i Veneziani ripresero una strategia aggressiva, ingaggiando uno scontro ventennale in difesa dell’isola di Candia e impegnandosi, con alterne fortune, nelle ultime guerre settecentesche in Morea e in Nord Africa.
Tornando a una prospettiva più strettamente commerciale, la presenza di mercanti veneziani  negli empori levantini conobbe un’eccezionale continuità, che fu in grado di superare anche i conflitti più prolungati, durante i quali i sudditi della Serenissima erano costretti a pesanti limitazioni, oltre che all’interruzione formale del traffico di bandiera e, talvolta, al sequestro di beni e mercanzie.
Nel considerare il traffico veneziano in Levante, non bisogna dimenticare di tenere presenti le fluttuazioni e l’evoluzione della produzione industriale in madrepatria. Fino a tutto il Cinquecento, il porto lagunare godette di un prestigio indiscusso nella produzione di manifatture particolarmente gradite alla corte ottomana, così come ai ceti abbienti nelle province: panni di lana o seta, ricamati e non, oggetti di vetro, specchi, tesori di oreficeria e metalli provenienti dalla Germania affluivano alle coste ottomane.
Tuttavia, il sistema degli scambi era assai diversificato, coinvolgendo anche il commercio di grano, sale e altri generi di prima necessità. Talvolta, qualora i luoghi di produzione di questi generi si trovassero entro i confini ottomani, erano i mercanti veneziani stessi a proporsi come amministratori del sultano, con il quale stipulavano contratti di appalto nella gestione di saline, campi arabili e perfino dogane. Questo fenomeno si verificò soprattutto nella costa orientale dell’Adriatico, che, a formale riconoscimento dell’egemonia marittima della Repubblica, veniva citato nei documenti ottomani stessi con il nome di Boğaz-i Venedik (Golfo di Venezia).
Anche quando gli interessi del patriziato si volsero quasi esclusivamente alla rendita fondiaria (a partire dalla fine del Cinquecento), abbandonando il commercio attivo, il governo repubblicano seppe proteggere e incoraggiare la vocazione marittima della città lagunare, consentendo la nascita di nuovi ceti imprenditoriali, i quali, organizzati in case mercantili disseminate nei principali porti del Mediterraneo, garantirono fino a tutto il Settecento la continuità del traffico di bandiera con Venezia, per quanto in condizioni ben lungi dalla passata stagione di egemonia. I consoli veneziani residenti ad Aleppo, Alessandria, Larnaca, Salonicco, Durazzo e lo stesso bailo a Costantinopoli ebbero la triste notizia del trattato di Campoformio (1797) in un momento tutt’altro che sterile nel sistema degli scambi.

Vera Costantini


1300 - 1400 - - rev. 0.1.47

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